La percezione del colore dipende dal tipo di luce che colpisce l’oggetto, dallo spettro di assorbimento che condiziona la trasmissione e la riflessione, e dall’impressione percettiva e soggettiva dell’osservatore che reinterpreta tutto secondo il proprio gusto e la propria esperienza.
Il dentista cosmetico esperto sa bene che il colore è un fattore difficile ed importante anche se non il più importante in assoluto per il successo estetico. Spesso viene data troppa importanza al colore e poca o nessuna agli altri importanti fattori che trovate nel sito, commettendo un errore grave perché una leggera dissonanza in alcuni aspetti del colore può essere impercettibile se gli altri fattori vengono attuati alla perfezione. E questo avviene anche perché non è vero, come molti pensano, che il colore sia una proprietà fisica intrinseca dei materiali e che quindi sia una caratteristica oggettiva.
In realtà il colore è una sensazione psico-percettiva che si genera nella corteccia cerebrale degli esseri umani come conseguenza delle stimolazioni prodotte dalla luce sulla retina e da altri fattori interni alla psiche umana. Se si chiede ad un chimico, a un fisico ed a uno psicologo fisiologo che cos’è il colore si avranno risposte diverse. Per il chimico il colore è un termine da associare a tinte, coloranti e pigmenti. Per un fisico il colore è riferito a fenomeni ottici e lo si può definire per es. con lunghezze d’onda elettromagnetiche. I fisiologi e gli psicologi sono interessati invece a comprendere la natura del processo visivo e sanno che alla corteccia cerebrale non arriva semplicemente una copia dello stimolo ricevuto dal mondo esterno, ma una decomposizione per molti versi ancora sconosciuta dell’informazione visiva originale: l’occhio non è solo un sensore ma un prolungamento del cervello in cui ha già inizio l’adattamento e l’elaborazione dell’informazione visiva.
Nell'odontoiatria corrente sono tuttora largamente mantenute le definizioni chimiche “scegliendo il colore” di un dente da realizzare in protesi. Un tale approccio è insufficiente perché del tutto fallace.
Infatti la sensazione generata quando si guarda un oggetto colorato dipende da quel che vi è intorno, dalle condizioni di luce per qualità e quantità, dagli stimoli ai quali l’osservatore è stato precedentemente sottoposto (vedi in fondo alla trattazione del colore). Attualmente ritengo possa essere vantaggioso riferirsi ad una classificazione artistico intuitiva scomponendo il colore in tre fattori: tinta, saturazione o intensità (o croma sec. Munsell) e luminosità (o valore sec. Munsell).
Per comprendere meglio questo sistema di identificazione del colore si può osservare la rappresentazione schematica tridimensionale del sistema cromatico Munsell (vedi l'immagine al capoverso).
Tutto semplice allora? E invece no…. Basta fare caso che riusciamo a riconoscere costanti colori ed oggetti con apparenza invariata anche sotto condizioni di variabilità enorme di spettro e di luminanza: il nostro sistema visivo non è uno strumento adatto ad estrarre grandezze luminose e cromatiche in senso assoluto. Pensate alla regolazione del bianco che siamo costretti a fare con le riprese digitali secondo i tipi d’illuminazione. Noi ci adattiamo perchè il nostro sistema visivo reagisce con costanza cromatica e costanza di chiarezza. Secondo la teoria Retinex , alla cui base c’è un famoso esperimento di Edwin Land che va contro qualsiasi predizione intuitiva sulla percezione dei colori, vi è l’osservazione che ogni colore dipende dal contesto in cui viene osservato e che non conta tanto l’energia luminosa assoluta percepita con la sua componente spettrale quanto la percentuale di quest’ultima che la superficie riesce a riflettere rispetto alle superfici che le stanno accanto. Lo sanno bene gli architetti che riescono a produrre in arredamento variazioni di tono su tono usando lo stesso RAL su materiali diversi come porte, pareti, mobili e tende. Per chi voglia approfondire questi argomenti consigliamo la lettura del testo “Design della luce” di Maurizio Rossi edito da Maggioli. Ci si renderà conto del perché i sistemi di colorimetria venduti ai dentisti per la rilevazione del colore siano alla fine di ben poco aiuto.
Una considerazione a parte meritano i sistemi spettrofotometrici. Compendiati da una lunga esperienza e dal senso artistico di dentisti e odontotecnici abili ad estrapolare i dati rilevati permettono di ottenere una media molto elevata, quasi assoluta di risultati validi.